E se l’avessero inventata, la macchina del tempo? Beh, allora chiederei sine ulla dubitatione di farmi trasportare a oggi, trent’anni fa. Già, perchè il 23 luglio 1985, in una super sberluccicante presentazione newyorkese, con tanto di Andy Warhol occupato a sfruttare le potenzialità grafiche del computer per realizzare dipinti digitali, Commodore presentava per la prima volta Amiga (1000). E no, il mondo non sarebbe più stato lo stesso.

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Tralascio volutamente ogni disquisizione sui prodigi tecnici di cui Amiga era capace. Liquiderei la faccenda dichiarando che stava 5-10 anni avanti a tutti. Non per nulla è stato l’ultimo “home computer”, visto che poi, morto lui, lo scenario è diventato Pc-Only. Non voglio nemmeno attaccare la pezza nostalgico-incazzosa su quanto ebete si dimostrò il management di Commodore, che riuscì nell’impresa di buttare alle ortiche un lustro di vantaggio su qualsiasi avversario, per fallire miseramente nel 1994 con Amiga ancora vivo e vegeto.

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Sono il primo a divertirmi a pensare “what if” (recentemente sono sbucate nuove foto pure della Playstation Nintendo, giusto per esaltare gli animi dei retrogamer dietrologi), ma credo fermamente che la bellezza di un sistema videoludico sia dovuto in gran parte al suo esistere in un dato e preciso momento storico. Quello che invece amo ricordare sono gli aspetti più, diciamo, esperienziali.

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La prima volta che vidi Amiga 500 fu, ovviamente, sulle pagine di una rivista, Commodore Gazzette, che svettava tra le tante ai tempi disponibili per i computer Commodore. Per tutti Amiga era diventato un nome quasi mistico ed i pochi che avevano provato il modello 1000 ne dicevano meraviglie. Però a me sembrava un po’ troppo serioso e professionale. Poi, un giorno, l’epifania: Il numero 14 di Zzap!, l’edizione luglio /agosto 1987, dedica tre pagine ai primi giochi Cinemaware (DOTC, Sinbad e SDI) e dichiara ufficialmente iniziata l’era dei 16 bit. Da allora casa Chirichelli non è più la stessa, nonostante nei mesi a venire il Commodore 64 inanelli un capolavoro dopo l’altro. Ha inizio il lento e progressivo accumulo di denaro atto a racimolare la somma necessaria per acquistare il nuovo oggetto del desiderio. Ogni mancia, regalo e paghetta viene accumulata con pazienza e precisione Merkeliana. I mesi passano. Le riviste iniziano a dare sempre più spazio ai 16 bit, ma resisto stoicamente col 64 e gli amati Bubble Bobble, IK+, The Last Ninja e Hysteria.

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La seconda epifania si verifica un pomeriggio di giugno del 1988, appena finita la scuola, quando un mio caro amico e compagno di banco del Liceo Berchet, mi fa, con assoluta nonchalance: sai che ho preso l’Amiga? Così, preso a tradimento, svengo. Poi mi risveglio, vendo al volo il 64, ordino un Amiga 500 e mi scapicollo a casa sua per iniziare a conoscere il mondo ludico amighista, che solo allora stava cominciando a carburare con i primi titoli di un certo spessore quali Ports of Call, Battle Chess, Carrier Command, Rocket Ranger, Starglider 2, F/A-18 Interceptor, Menace, Obliterator ed alcune conversioni di classici del 64 (alcune delle quali però a volte riuscivano veramente male, tipo Hawkeye) che se da un lato pagavano dazio sul fronte della giocabilità vera e propria, riuscivano, con i loro colori supersaturi, la musica galvanizzante e la meravigliosa definizione e pulizia, a sembrare più belli di quanto in realtà non fossero (non che i capolavori scarseggiassero, peraltro).

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Siccome in certi ambiti sono stato indubbiamente fortunato, l’era di Amiga ha coinciso più o meno perfettamente con l’epoca del liceo e questo mix fa sì che conservi una quasi perfetta memoria di entrambe le esperienze. Così, mi basta fare brevemente mente locale per ricordarmi di quella volta che preordinai Lords of the Rising Sun in un negozio del centro e poi implorai mia madre di andarlo a prendere al posto mio perchè mi ero beccato una megafebbre e avevo paura che qualcuno me lo fregasse, di quella volta che assieme a due compagni di scuola approfittammo di una delle (innumerevoli) manifestazioni pro/contro qualcosa per farci 5 ore filate di Kick Off mattutino, di quell’altra che peregrinai per tutti i negozi piratozzi milanesi (Newel, Flopperia,etc.) per recuperare Blood Money che finiiì per comprare originale da Pergioco perchè volevo avere a tutti i costi anche il dischetto con la presentazione, del giorno in cui mi rifiutai di partecipare ad un battesimo “parentale” per giocare a Tv Sports Football e Hybris e mille altri aneddoti che hanno segnato indelebilmente la mia giovinezza.

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Nonostante ammetta senza problemi di essere un nostalgico, dal giorno in cui vendetti il mio Amiga 500, dopo quasi 8 anni di onorata carriera e migliaia (letteralmente) di ore passate a giocare, smanettare con gli applicativi e incappare in guru meditation assortite, non ho più provato i giochi di quel tempo, certo che oggi non farebbero di certo lo stesso effetto. Osservo apatico ed indifferente i vari (e un po’ patetici, a dirla tutta) tentativi di riesumare il brand (vedi l’ultimo in ambito smartphone). Paganini non ripete e ogni lasciata è persa.
Le grandi storie d’amore, del resto, si vivono una volta sola e poi diventano eterne, nel ricordo.
In ogni caso, buon compleanno Amiga.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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1 Comment

  1. Grande Fulgè.

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